domenica 30 maggio 2010

Il legame con la terra nelle culture sciamaniche

Presso i popoli primitivi il legame con la terra ha sempre goduto di una notevole importanza sia nelle leggende che nei rituali. Ancora oggi, presso quelle popolazioni in cui sopravvive una cultura di tipo sciamanica, questo legame è ancora vivo e forte.
Nelle culture primitive lo sciamano è il terapeuta e psicopompo, colui che conosce le tecniche dell’estasi, ossia colui la cui anima può abbandonare impunemente il corpo e portarsi lontano, penetrare negli inferi o salire in cielo. Non va dimenticato che presso i popoli primitivi gli dei della terra non sono necessariamente “cattivi” o “demoniaci”, a volte sono dispettosi o “sanguigni” ma solo perché in essi albergano le passioni umane. Presso gli Yakuti esistono due grandi categorie di divinità, gli dei “di sopra” e quelli “di sotto”, senza che tra essi esista una chiara opposizione. Gli dei “di sopra” sono benevoli ma impassibili, lontani dalle vicende umane. Gli dei “di sotto” sono invece vendicativi, più vicini alla terra e alleati degli uomini. Essi personificano le passioni umane ed è il loro capo, Ulu Toion ad aver creato il primo sciamano ed aver donato agli uomini il fuoco. In queste culture, i sacrifici, gli sposalizi, le nascite e le sepolture non sono appannaggio degli sciamani i quali hanno un compito ben più importante, quello di essere un collegamento. Presso i Tungusi al dio celeste può sacrificare qualsiasi sacerdote ma non gli sciamani i cui riti si svolgono di notte.
Nella filosofia antica la notte ed il buio erano associati all’addome che rappresentava simbolicamente la terra ed il mare. Il diaframma divideva infatti il corpo in due zone. La zona al di sopra del diaframma era collegata alla coscienza e al giorno, cioè alla luce. La zona sottostante apparteneva all’inconscio e alla notte. Il sonno, associato al tramonto del sole, corrispondeva al fluire dell’energia verso il basso, al di sotto del diaframma. E’ questa la dimora degli sciamani e loro compito è la discesa agli inferi, per accompagnare le anime o cercare e recuperare ciò che è andato perduto. La simbologia associata a questo viaggio è presente in molte culture ed è sempre rappresentata come un’impresa difficile che raramente da i risultati sperati. Ricordiamo il mito greco di Orfeo che si avventura negli inferi alla ricerca dell’amata Euridice o quello nordico di Hermodh che a cavallo di Sleipnir, il cavallo a otto zampe di Odino, scende nel regno di Hel alla ricerca di Balder. L’incontro fra queste idee primitive e la religione cristiana portò alla concezione degli abissi sotterranei come luogo di tormento in cui recludere passioni inaccettabili e loro signore fu fatto il diavolo, l’angelo colpevole di essere precipitato prima ancora che negli inferi, nel vortice delle sue passioni. Il diavolo abita nelle viscere della terra a anche nelle viscere dell’addome dove risiede il fuoco del sesso. Cedere alle lusinghe del diavolo significa essere scagliati nell’abisso dove l’io si dissolve nell’esperienza dell’orgasmo.
Ma perché lo sciamano possiede la capacità di avventurarsi in questi luoghi oscuri? Da che deriva la sua conoscenza? In verità egli compie l’impresa per altri perché l’ha già compiuta per se stesso. Lo sciamano è un malato guarito; ha affrontato se stesso scendendo negli abissi della propria anima tracciando la strada attraverso cui condurre gli altri.
Presso molte culture sciamaniche l’iniziazione ai poteri avviene tramite la discesa agli inferi del candidato il quale, una volta giunto a destinazione, viene smembrato, divorato e poi ricomposto. Lo sciamano è insomma colui che non ha avuto paura di abbandonare la sicurezza di ciò che era, ha accettato di mettere in discussione la propria identità per scoprirne una nuova e questo attraverso l’abbandono alla terra, dove risiedono alleati pericolosi eppure potenti per chi è in grado di attingervi. Che si tratti di sogno, malattia o rito, l’elemento iniziatico è sempre lo stesso: morte e resurrezione. La morte simbolica porta sempre conoscenza e intuizione ma necessita anche della forza di dominare ciò che si è scoperto e riportato indietro. Le passioni e la sessualità sono elementi imprescindibili in questo processo. Fra i popoli della Siberia gli sciamani vengono aiutati dalle “spose celesti”, spiriti guida che aiutano l’iniziato nelle esperienze estatiche. La loro presenza si accompagna sempre ad emozioni sessuali. La discesa verso la terra è permeata da elementi erotici e segna il risvegliarsi del “fuoco mistico”. Presso i Cumandi, nella regione di Tomsk, il sacrificio del cavallo, che servirà come cavalcatura per lo sciamano, è accompagnato dall’esibizione di maschere e falli di legno portati da tre giovani: costoro galoppano con il fallo tra le gambe toccando i presenti. Lo Sciamano diviene insomma ponte e catalizzatore, egli conduce l’intera tribù nel mondo oscuro degli spiriti fornendo protezione e guida.
Le “spose celesti” richiamano alla mente il ruolo che fate e semi-dee hanno nell’istruzione o nell’iniziazione degli eroi. Questo elemento comune di “protezione” richiama alla concezione patriarcale della “Grande Madre” dello sciamanesimo siberiano, testimonianza del legame con la terra del matriarcato artico.

Nessun commento: